Con il
termine Chaco si intende quella regione del sudest boliviano compresa
tra i fiumi Pilcomayo e Paraguay, appartenente alla Bolivia dalla sua nascita
come stato indipendente (1825) e ceduto nella sua maggior parte al Paraguay nel
1938, come conseguenza della Guerra del Chaco (1932-1935). Nel processo di
formazione degli stati in seguito alle guerre di indipendenza, la pianura del
Gran Chaco, compresa tra i fiumi Paraguay, Paranà e le Ande, era stata
distribuita tra Bolivia, Argentina, Paraguay e Brasile, frammentando di fatto
le popolazioni indigene che popolavano il territorio, le quali si vennero a
trovare, da un giorno all'altro, separate dalle linee di frontiera nazionali,
diventando straniere in terra straniera.
L'area copre una superficie di 127.754 Km2 (6 volte l'estensione della Toscana) e si presenta come una distesa piana nella regione pedemontana orientale delle Ande, interrotta da massicci montuosi e solcata da capienti fiumi in particolar modo durante la stagione delle piogge, da dicembre a marzo. Nei restanti mesi il territorio è prevalentemente arido, il verde della stagione umida viene sostituito dal giallo degli arbusti ed il rosso bruno degli strati di argilla, giacenti sulle spesse coperture rocciose che conservano tra le più enormi riserve di gas e petrolio del Latinoamerica. Proprio tali risorse hanno rappresentato nel corso del Novecento il fine dell'invasione straniera, in un territorio dove il concetto di ricchezza materiale ancora non aveva soppiantato quello di Condivisione, appartenente alla principale etnia indigena abitante il territorio, quella guaraní.
Questo popolo vive prevalentemente nelle aree rurali, molte delle quali isolate, in una Terra (ivi) dove la condivisione delle risorse, le relazioni di convivenza e la conoscenza pratica della natura fungono da colonne portanti: l’abitazione non costituisce un’unità isolata, ma mantiene un’importante relazione in solidarietà con la comunità e nella propria famiglia, riunita attorno ai tataipa, dove per tradizione si sedevano gli anziani e dove venivano ammesse solo le persone di fiducia. Attorno a questi nuclei, si sviluppa il tentaní, l’unità sociale di base della famiglia o del gruppo di parenti, e il tentaguazu, equivalente alla comunità in senso più ampio, stabilendo le ancestrali fondamenta da cui il guarani' si avvale per la conservazione della propria libertà. Le comunità guaraní sono quindi essenzialmente autonome, democratiche e federali, conviventi con altre popolazioni indigene (Guarayo, Chiquitanos, Ayoreo, Weenhayek, Chainé, Tapiete, Toba, ecc). Nella società guaraní la partecipazione di un individuo in un gruppo, o di un gruppo in un movimento maggiore, bisogna concepirla come una struttura orizzontale, dove non si richede la figura di un “capo” ma dove ognuno, come parte della comunità, aiuta secondo le proprie possibilità, contribuendo nell'insieme al mantenimento del fuoco vitale, il tataiendi, che, sempre vivo sotto la cenere, viene ravvivato ogni giorno al momento di cucinare i pasti e di riscaldare l'acqua.
L'area copre una superficie di 127.754 Km2 (6 volte l'estensione della Toscana) e si presenta come una distesa piana nella regione pedemontana orientale delle Ande, interrotta da massicci montuosi e solcata da capienti fiumi in particolar modo durante la stagione delle piogge, da dicembre a marzo. Nei restanti mesi il territorio è prevalentemente arido, il verde della stagione umida viene sostituito dal giallo degli arbusti ed il rosso bruno degli strati di argilla, giacenti sulle spesse coperture rocciose che conservano tra le più enormi riserve di gas e petrolio del Latinoamerica. Proprio tali risorse hanno rappresentato nel corso del Novecento il fine dell'invasione straniera, in un territorio dove il concetto di ricchezza materiale ancora non aveva soppiantato quello di Condivisione, appartenente alla principale etnia indigena abitante il territorio, quella guaraní.
Questo popolo vive prevalentemente nelle aree rurali, molte delle quali isolate, in una Terra (ivi) dove la condivisione delle risorse, le relazioni di convivenza e la conoscenza pratica della natura fungono da colonne portanti: l’abitazione non costituisce un’unità isolata, ma mantiene un’importante relazione in solidarietà con la comunità e nella propria famiglia, riunita attorno ai tataipa, dove per tradizione si sedevano gli anziani e dove venivano ammesse solo le persone di fiducia. Attorno a questi nuclei, si sviluppa il tentaní, l’unità sociale di base della famiglia o del gruppo di parenti, e il tentaguazu, equivalente alla comunità in senso più ampio, stabilendo le ancestrali fondamenta da cui il guarani' si avvale per la conservazione della propria libertà. Le comunità guaraní sono quindi essenzialmente autonome, democratiche e federali, conviventi con altre popolazioni indigene (Guarayo, Chiquitanos, Ayoreo, Weenhayek, Chainé, Tapiete, Toba, ecc). Nella società guaraní la partecipazione di un individuo in un gruppo, o di un gruppo in un movimento maggiore, bisogna concepirla come una struttura orizzontale, dove non si richede la figura di un “capo” ma dove ognuno, come parte della comunità, aiuta secondo le proprie possibilità, contribuendo nell'insieme al mantenimento del fuoco vitale, il tataiendi, che, sempre vivo sotto la cenere, viene ravvivato ogni giorno al momento di cucinare i pasti e di riscaldare l'acqua.
ll popolo guaranì è costituito da circa 70.000 persone (su circa 300.000
nel Chaco), distribuite in circa 432 comunità rurali. Tali comunità devono
affrontare costantemente avversità di varia origine, che vanno da quelle ambientali
- alta incidenza di fenomeni meteorologici estremi, come alluvioni e siccità,
che causano spesso la distruzione dei raccolti o l'impossibilità di raggiungere
città vicine - infrastrutturali - l'80%
delle abitazioni non ha accesso all'acqua potabile; appena il 30% delle
abitazioni possiede energia elettrica; quasi la
totalità delle famiglie nell'area rurale non è provvisto di latrine adeguate;
le abitazioni della maggior parte degli abitanti della regione sono di tipo
rustico, con pareti di terra, legno, pietre, tetto in paglia e terra; gli
ambienti sono ristretti e poco igienici, comportando la proliferazione dei
vettori del chagas, malaria, febbre gialla - Socio-Culturali - esiste un
25% di analfabetismo e la maggior parte della popolazione non prosegue la
scuola superiore. La speranza di vita alla nascita è di 67 anni, la mortalità
materna è di 190 (per 100.000 nati vivi) mentre la mortalità in età inferiore
ai 5 anni (per 1000 nati vivi) si attesta a 51 bambini, contro i 16 del Brasile
e i 23 dell'Ecuador. Le cause di mortalità infantile sono le infezioni
respiratorie acute (25,8%), infezioni intestinali (24,8%) e denutrizione
(25,6%). La speranza di vita è di 65 anni.
Inoltre è allarmante la percentuale
di indigeni ancora in stato di schiavitù e lavoro forzato (circa 1000
famiglie) nelle haciendas degli allevatori e coltivatori di mais e soya.
Questi, appoggiati dai poteri forti del territorio, quali i petrolieri,
rappresentano lo 0,22% della popolazione mentre l l'86% delle piccole aziende
comprendono solo il 2,4% della terra. La stessa OIT e UNICEF nel 2012 hanno
sottolineato e denunciato le frequenti violazioni dei diritti umani nei
confronti delle etnie guaranì, orfani della loro identità e schiavi della
marginalizzazione geografica, etnica e politico-sociale.
L'arginamento delle emergenze (epidemie e carestie) fu richiesto dalla
stessa popolazione e dalle autorità sanitarie regionali e nazionali e fu affrontato
a cominciare dagli anni '70 con la campagna di vaccinazione contro la febbre
gialla ed il morbillo, avallata dal Convenio de Salud, una
Convenzione tra il Ministero della Salute ed il Vicariato Apostolico di Camiri.
Il popolo indigeno è stato così dotato di un importante strumento di
organizzazione comunitaria con cui soddisfare le necessità sanitarie dei
settori più vulnerabili della regione, in termini di accesso alla salute,
prevenzione e cura, al fine di raggiungere una copertura di tutto il territorio.
Promotore del Convenio e, più in generale, della diffusione delle soluzioni
alle problematiche relative alla salute, educazione e territorio, è p. Tarcisio
Ciabatti, che dagli anni settanta si occupa in modo completo, appassionato e
approfondito del benessere delle popolazioni del Chaco boliviano tramite la
costruzione di scuole e collegi, l’acquisto di terre destinate alla popolazione
indigena e ad azioni specifiche nel settore della salute, dell'istruzione e
della cultura. Il 7 febbraio del 1987 nasce l'Assemblea del Popolo Guaranì
(APG), come organizzazione rappresentativa indigena verso la “rivendicazione
dei nostri diritti sui nostri territori, e la promozione dello sviluppo in
tutte le comunità”. L'APG considerò prioritaria la formazione del personale
nativo nell’ambito della Salute Pubblica in un'ottica (Atencion Primaria e
Integral de la Salud) che considerasse la Salute in senso olistico, ovvero
come il risultato di una sinergia dei fattori esterni che contribuiscono alla
sua realizzazione, come il benessere fisico, mentale, sociale e spirituale, in
un'ottica interculturale. Specializzata in questa direzione è la scuola TekoveKatu che
punta alla formazione di “Ipaye moderni” (Ipaye é il medico
tradizionale dei Guaraní) dotati delle competenze per praticare e diffondere
una “medicina interculturale”.
La Tekove Katu, luogo di incontro di decine di volontari che ogni
anno giungono qui dall'Italia, Uruguay, Ecuador e Argentina (gruppo facebook Ara Kavi), rappresenta
l’istituzione locale che in questi ultimi anni ha lavorato maggiormente sugli
aspetti culturali dell'istruzione, formando personale in infermeria, salute
ambientale, nutrizione e servizio sociale comunitario, e
producendo numerosi sussidi didattici e manuali per il settore in questione.
Inoltre gli studenti della Tekove Katu, in quanto scelti dalle comunità, sono
identificati nella propria cultura e conoscono bene le necessità della propria
gente. Ciò ha permesso la rielaborazione culturale nelle comunità indigene di
quanto appreso ed il lavoro verso il benessere completo in un ambiente di pace
comunitaria.
Il
rovesciamento delle ingiustizie e delle emarginazioni darà vita a una “Ivi
Maraei”, una Terra senza Male, condivisa e partecipata in termini di
opportunità, dignità e pari diritti, a patto che el pueblo vi arrivi “tutto
assieme, al momento giusto” e che rimanga unito attorno a quello stesso fuoco
che, pase lo que pase, rimane sembre vivo, là in basso, con il popolo degli
abissi.
“La unidad de
nuestros pueblos no es simple quimera de los hombres, sino inexorable decreto
del destino”. Simon
Bolivar
Nessun commento:
Posta un commento
commenta!