Credo
sia proprio in Venezuela dove ho capito che volevo davvero fare qualcosa per "riequilibrare
le sorti" di qualcuno nel mondo e per restituire un po' della mia
ricchezza, usando i miei anni di studio, il mio idealismo talvolta troppo naif e
la fortuna che ho avuto nel nascere in un continente e in una famiglia che ha potuto
darmi tutto (leggi Perché).
Quando
ho passato dei giorni in una delle tante comunità indigene di palafitte nel
delta del fiuma Orinoco, senza luce ne' acqua sicura, ho visto i bambini, vispi
ed energici, solari ed atletici, non avere alcuna prospettiva futura, apparte cominciare
a pescare, continuare a pescare, invecchiare pescando.
Se
non hai gli strumenti (materiali e conoscitivi) per raggiungere uno scopo, o un
sogno, questo smette di esistere, perché non vuoi vivere nella frustrazione. La
dura realtà occulta tutto il resto. Cominci a lavorare, e a vivere, come lavora
e vive tuo padre, o tua madre, e come loro i nonni. Diventi schiavo del
passato, delle reti da pesca, della barchetta, delle assi di legno su cui vivi
e vivrai per sempre, di qualche turista, del prete che ogni tanto viene a
controllarti i denti e a "regalarti" un tubetto di dentifricio (benedetto),
dell'amaca su cui dormi e dormirai, su cui aspettarai che scenda la marea, su
cui farai l'amore, su cui invecchierai con gli occhi spenti dalla cataratta, se
sei fortunato. La rivoluzione cos'è? E la libertà?
Uno
dei tanti bambini (l'80% della popolazione del delta, e di questo più della
metà soffre di malattie dovute all'acqua) mi si è avvicinato e mi ha chiesto se
sarei tornato per insegnargli qualcosa, un po' più di spagnolo, o la
matematica, perché tutti i maestri dopo al massimo un mese tornavano da
dove erano venuti, al di là del fiume, alla "ciudad", a Tucupita, "un
lugar, en serio, muy lejano", "3 ore di barca, ma la benzina costa
tanto".
Gli
avevo promesso che sarei tornato. Non ho ancora mantenuto la parola..
FOTO:
Consiglio,
ovviamente, di passare qualche giorno in una di queste comunità (dal porticciolo
di Tucupita partono molte lanchas), La gente, come sempre nei villaggi
rurali indigeni dove arriva poco turismo, è della più accogliente, curiosa,
bella e gentile che si possa incontrare. Il pesce è buono ed è di-vertente
dormire sulle amache mentre l'acqua, durante l'alta marea, sommerge il
pavimento in legno delle palafitte fino a stabilizzarsi a 1 metro dal culo,
mentre in lontananza, ma sembrano vicine, le scimmie urlatrici fanno quello per
cui sono state chiamate così.
E'
bella tutta la costa nord, da Choroni e Chuao (belle spiaggie sopra Maracay), fino
a Cumanà, passando per Caracas, dove l'Ateneo Popular (http://www.ateneopopularcaracas.org/)
offre camere economiche e un'ambiente artistico, culturale e socio-politicamente
attivo.
Infine
c'è da risalire l'Orinoco..
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