09 marzo 2014

Yvy Maraey - La Terra Senza Male

Sud-est boliviano. Terre basse. Región del Chaco.

Sterrato dritto fino all'orizzonte. Alberi e cielo.

Dicono che la terra non sia degli esseri umani, ma delle piante. Qui è facile notarlo. Ci sarà qualche migliaio di persone in un'area grande come la Toscana.

Gli alberi sono cosi' impressi negli organi di senso dei guaranì che sono penetrati fino all'inconscio collettivo, ergendosi come pilastri de loro mondo e del loro corpo. Albero in guarani' si dice Yvyra, parola che nasce dalla congiunzione di “yvy”= Terra (a sua volta composta da “y”= acqua e “vy”= sotto, dato che in effetti l'acqua è soprattutto sotto la terra) + “ra”= peluria: Gli alberi non sono se non la peluria della terra. Perché la terra si comporta come il nostro corpo, che deve traspirare e proteggersi, trattenere acqua e favorire l'evapotraspirazione, apportare nutrienti agli strati inferiori.

Andando a sbirciare la cosmogonia e la lingua guaranì si nota ancora una volta quanto il paesaggio e l'ambiente siano d'ispirazione all'essere umano.

Al principio c'erano vento e nebbia. CAOS, come sempre. Poi Ñamandu, la prima divinità guaranì, forse annoiato/a da tutto quel silenzio, decide di innescare un processo che si chiama Autocreazione, scegliendo l'Albero come forma da dare alla totalizzante sostanza di cui è composto. Prima gli nascono le radici, poi il tronco, infine la chioma, perché non ha fretta di crearsi già completo. Lo fa sin apuro, senza fretta (il nostro ha impiegato solo 6 giorni del suo infinito tempo, e poi ci stupiamo se è venuta fuori una cagata).
Poi fu la luce. Scaturita dal primo immenso battito del cuore di Ñamandu, l'intenso raggio creativo non ha niente da illuminare, a parte chi l'ha creato. Ancora solitudine. Il dio-albero decide quindi di plasmare una seconda forma che faccia d'attrito e specchio alla propria coscienza, la Terra. Preferisce però non farlo da solo, perché è un Dio umile (...): crea la parola e quindi altri 4 dei (Jakaira, Karai, Tupa e Namandu Py'a Guasu), con le rispettive compagne, che lo accompagnino nella Genesi. Non assegna ruoli, sono tutti alla pari, ognuno si occupa di ciò che riesce a creare meglio. A lavoro concluso, Ivi Tenonde, la Nostra Terra, è plasmata. Ora manca solo posizionare 4 palme ai 4 punti cardinali, così il sistema regge.
Infine fu l'uomo, creato dalla nebbia e dall'argilla, con il fuoco nel cuore, acqua e vento sulla pelle. Viveva con gli dei, nel mondo perfetto, poi caga fuori dal vaso e commette incesto con la zia... la punizione non tarda ad arrivare.

L'universo è sferico e pulsante  in continua evoluzione, così lo è l'atomo. Quindi l'uomo, espressione microcosmica del macrocosmo (e macrocosmica del micocosmo) e la sua storia. Infine le sue creazioni concettuali, come il tempo e lo spazio, necessari per spiegare in termini comprensibili qualcosa che è ovunque e sempre, qui ed ora: l'energia in tutte le sue forme.
Nella lingua guaranì, così come nella maggior parte delle lingue indigene del mondo, non si coniugano i verbi al passato o futuro, anzi, fa poca differenza dire “ieri sarò andato” o “domani sono andato”, basta immaginarsi che ieri sia domani, e in un certo senso torna...Sono le sensazioni presenti, i fenomeni naturali, i ritmi del mais e delle piogge, i sogni, che guidano l'essere umano. I sogni... fino a 30 anni fa i guaranì si salutavano con la formula Kierei pa repayu, Come hai sognato? E talvolta aggiungevano Ñandeve, per noi tutti. I sogni sono fondamentali per vedere l'altra faccia della luna, in quanto svincolati da quei concetti quantificabili ma riduttivi di cui il nostro cervello non può fare a meno. 

Comincio a intravedere il guaranì: comunitario (esistono due modi di dire “noi”, noi come “noi due”, noi come “comunità”), umile (addirittura il loro primo dio ha chiesto una mano!), lento e paziente (immaginatevi un dio albero quanto ci mette a crescere...), armonicamente connesso alla natura, anarchista, di poche parole (a differenza nostra, dove il verbo fu posto al principio). Il silenzio infatti è all'origine di tutto, poi viene la condivisione.

Ed è proprio cosi che mi sentivo nel Chaco: Serenamente solo, ma allo stesso tempo unito agli altri.

Sarà idiosincratico, non so. Forse è il mio retaggio individualista occidentale che lentamente defluisce dall'inconscio, lasciando spazio a qualcosa di più semplice e nitido. Soprattutto alla sera, quando senza corrente elettrica in una di quelle comunità rurali a un paio di valli di distanza dall'unica strada asfaltata, non resta che mirare il cielo, dove le stelle sono così vicine che ti sembra di sentirle pulsare addosso. Quando decidi di dormire e perderti tra i sogni, saggi messaggi degli antenati che cercano un modo per insegnarti come non commettere i loro stessi errori. Quando al lume di luna fai l'amore con qualcuno che con te ha in comune soltanto il calore, il respiro e la speranza di vivere almeno un giorno della propria esistenza, UNO, nella Tierra sin Mal.

A pesar de todo, qui nella Yvymaraei, la terra-paradiso dell'uomo, in nessun caso puoi essere davvero solo.

Guaranì, Yasoropay tuicha, grazie mille.







LINK AI TRAILER DEL DOCUMENTARIO YVY MARAEI

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