20 settembre – 20
ottobre.
Il primo mese è sempre il più speciale. Come un neonato, assorbo in ogni istante le sensazioni ed informazioni del nuovo che mi circonda. La densa sostanza di questo primo intero ciclo lunare nicaraguense rappresenta la sintesi delle emozioni che provo durante il giorno e delle riflessioni che sorgono spontanee poco prima di chiudere gli occhi.
Un attimo dopo, la mia mente si
riempie delle immagini dell'area rurale Abangasca attorno a León,
quella in cui sto passando le giornate da ormai due settimane:
Campi vicini alla città
ma talvolta irraggiungibili, dipendendo dalla condizione climatiche e
dalle strade.
Campi rigogliosi, almeno
fino a febbraio, quando il verde verrà sostituito dal giallo savana.
Ridendo di gusto mi dicono che nei mesi torridi (gennaio-aprile) alle
vacche bisogna mettere gli occhiali con le lenti verdi, perché così pensano di ruminare della fresca erba.
Campi di mani', canna da
zucchero, mais, di proprietà di pochi grandi produttori. Campi
vissuti e lavorati da quegli stessi campesinos a
cui quelle terre spetterebbero di diritto. Campesinos
che, dondolando nelle amache appese ai pali portanti delle
loro case di lamiera, osservano le loro mogli soffiare sul fuoco che
cuocerà i fagioli ed il riso per quella sera, e per il giorno dopo.
E per quello dopo ancora.
Campi senza tempo. Mi
accorgo che posso stare ore a guardare attorno, a giocare a fare
le facce buffe con i bambini, a parlare di Sandino e Ruben Darío con i
padri e ancora non so di cosa con le madri, ad ascoltare i mille
suoni della foresta, aspettando che spiova. Nel frattempo, mi rendo
conto che qui non esistono secondi: solo i ticchettii della pioggia
sui tetti scandiscono il tempo.
Visito le comunità
rurali dove sono stati costruiti pozzi per l'estrazione d'acqua
potabile. Fino a pochi anni fa in questi stessi villaggi si
utilizzava l'acqua sporca, contaminata da quegli stessi Signori a cui i
campesinos vanno a chiedere un lavoro. Trascinandomi dietro
mille contraddizioni, vado a giro, facendo diagnosi. Mi soffermo,
chiacchierando con le persone. Mi arrabbio, quando noto gli effetti
dell'assistenzialismo della vecchia cooperazione e, per certi aspetti
più sottili, anche della nuova. Ma dopo attimi di sconforto nel
vedere che altre ong hanno costruito pozzi dove ce n'erano già, che
alcuni pozzi al primo danno vengono abbandonati a se' stessi e che
alcuni responsabili della manutenzione hanno le competenze per
ripararli ma non hanno i soldi per i pezzi di ricambio o per la
benzina, ecco, dopo questi attimi di sconforto, ritrovi la fiducia in
ciò che stai facendo, quando arrivi nelle comunità dove l'acqua
potabile è ancora un sogno. Allora il fatto che ci siano tante cose
da migliorare diventa uno stimolo in più.
Sebbene una parte di me,
anche quando torno in città, resti sempre a 10 km di distanza, mi
godo la casa, i fine settimana a giro per i vulcani Cerro Negro e
Mombacho, le spiagge di Poneloya, il turismo a Granada, la perla
dell'America centrale, l'enorme mercato artigianale di Masaya, le
sfilate per santi di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza (vabbè,
son tanti), la vita notturna di León, il biliardo, la salsa, il rum,
e qui generalmente ci si ferma...per risvegliarsi con un gran mal di
testa.
Dos amigos al almuerzo - Foto di Puer et Senex 2012 |
Autumnal:
RispondiElimina« [...] En las pálidas tardes
Me cuenta un hada amiga
Las historias secretas
Llenas de poesía:
Lo que cantan los pájaros,
Lo que llevan las brisas,
Lo que vaga en las tinieblas,
Lo que sueñan las niñas.
Una vez sentí el ansia
De una sed infinita. [...] »
¡El gran, azul, Rubén Darío!
"[...]El viento
RispondiEliminaarrastraba rumores, ecos, risas,
murmullos misteriosos, aleteos,
músicas nunca oídas.
El hada entonces me llevó hasta el velo
que nos cubre las ansias infinitas,
la inspiración profunda,
y el alma de las liras.[...]"
Bellissima!