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Sono passati 10 giorni.
Da adesso andrà sempre tutto più in fretta.
Per ora, ho fatto principalmente
due cose: lavorato e osservato.
Ho lavorato tutti i
giorni, esclusa la domenica, dalle 8 del mattino alle 6 di sera, con
una pausa pranzo di massimo un'ora..Dicono che sia capitato qui “como
lluvia de marzo”, a pennello per la stesura di un progetto di
sviluppo incentrato sulla promozione e buona conservazione di semi
autoctoni di mais e fagioli, per anni praticamente vietati a
favore di quelli importati e sterili della Monsanto e di altre
multinazionali di biotecnologie agrarie, che convincevano e certe
volte imponevano ai contadini di comprare le loro sementi
transgeniche perché “sono più resistenti ai parassiti, vedrete
che bei raccolti avrete”. Risultato: l'anno dopo gli agricoltori
erano costretti a ricomprarle, entrando così in un giro di mazzate
da cui ne uscivano in pochi. E male.
L'ambiente è solare e
positivo, per cui abbiamo lavorato bene, senza frenesia ne' mali
umori. E' probabile che non sia cosi' la prossima settimana, visto
che la scadenza è lunedì prossimo...
Il resto del tempo ho osservato.
Come lavorano i “nica”,
con lena, jeans e scarpe chiuse, nonostante il caldo soffocante,
perché “i pantaloni corti ed i sandali si portano a casa o
il fine settimana”. Mi sono adeguato.
Come vanno in 3 in moto, quanto gli piace fare festa e partecipare a processioni su processioni
con fuochi artificiali a manetta e livelli alcolici importanti; come
ballano la salsa, il merengue, la bachata; come preparano i tacos, le
pupusa salvadoregne, las micheladas: tutto sempre con
stile.
Ho osservato le larghe
spiagge di Poneloya, lambite da lunghissime onde da surf che
riecheggiano nelle palapas (gazebi) di legno, sotto le quali
talvolta mancano i gamberoni ma mai le amache. Sabbia vulcanica, nera
come la cenere del giovane vulcano El Cerro Negro, osservato dalle
sue pendici e, un'ora dopo, dalla sommità. Una gita fuori porta nel
mezzo della catena vulcanica de Los Maribios, composta da vulcani
dalle più svariate dimensioni, rigogliosi, in questa stagione (tranne il Cerro Negro, appunto). Ho anche osservato quanto mi sentivo
coglione ma divertito nel ridiscendere il vulcano con uno slittino..
Ho osservato il rumore dei potenti scrosci
pomeridiani della stagione delle piogge, capaci di trasformare una
strada in un fiume e un fiume in un grosso pericolo. I colori ed i visi nei bar di Leon,
pullulanti di turisti e, soprattutto, di cooperanti internazionali.
L'odore delle cantine zozze dove insieme alle birre e al biliardo ci sono i
cessi aperti “a muro”. Le impraticabili strade appena fuori
città. I cavalli e le vacche nel mezzo. Le palme dai polposi e
rossastri cocchi. Le enormi bouganville. La luna piena, di lei.
In tutti questi momenti,
ho osservato come mi sentivo.
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