22 settembre 2012

I Meri Fatti

IL VIAGGIO. Da Roma a Managua con una compagnia italiana di cui non farò il nome, pessima ma molto economica. Pessima nel senso che i televisori erano pochi e in fondo al corridoio, i film scorrevano in verticale sullo schermo ed erano doppiati in italiano e spagnolo, la musica che propone l'aereo si sentiva male, faceva freddo, e le hostess erano sfavate.

Picchi di emozione: 

1. Come dolcino dopo la pasta ai 4 formaggi (oddio) c'era un, dico un, cantuccino di prato!
2. Per merenda ci hanno dato un fetta al latte;
3. Quando ho realizzato che accanto a me non c'era nessuno e potevo dormire sbracato ho visibilmente dato di barta (espressione toscana per dire "ribaltarsi, capovolgersi") per la felicità;
4. La turbolenza sopra le Bermude aumentava la suspence per il fatto di essere sopra le Bermude;
5. Allo scalo all'Havana la condizione del tetto ha favorito l'inondazione dell'areoporto a seguito di una delle tante tempeste estive caraibiche. Praticamente, l'idroscalo.

Commento finale: è stato un viaggio vintage.
L'ARRIVO, ore 21, a Managua. E' venuto a prendermi Manuel che mi ha portato velocemente a Leon, dove sono tuttora. Ero visibilmente stanco ma la buona prassi impone di non dormire quando ti vengono a prendere. Io mi sono limitato a non russare...

LEON. dormo nella sede dell'ONG COSPE, l'ospitalità è splendida. Mi hanno messo a disposizione una camera, bagno e cucina, internet e tutto l'ufficio, quindi in pratica è come se fossi sempre a lavoro. O come se lavorassi sempre a casa. Si comincia alle 8 del mattino, ben due ore dopo l'alba. Impossibile dormire di più, vista la sequela di campane (Leon è la città con più chiese del Nicaragua, e si sentono, TUTTE), galli, bambini, venditori di cose e cibi, jet-leg, ecc. Si lavora sui progetti di cooperazione allo sviluppo tutto il giorno, salvo all'ora della colazione, merenda, pranzo, caffé, merenda, spuntino... 
Siamo in 7 ed io sono l'unico straniero.

La cittadina, di 150.000 abitanti, è carina, ordinata, pulita, tranquilla, come sembra essere tutto il Nicaragua, sarà perché ha la più bassa densità di popolazione del centro america, sarà perché il mio termine di paragone è l'India.. Le case sono basse e colorate, le strade piastrellate. Il paesaggio appena fuori la città è dominato dal verde e dalle vette appuntite dei vulcani attivi della Cordillera de los Maribios. A 20 minuti c'è la costa del Pacifico e le spiagge di Poneloya, dove dovrò passare un po' più di tempo, qui in città si soffoca e si suda anche solo a scrivere.

CLIMA. Appena esco dall'area d'influenza di uno dei tanti ventilatori posti in angoli strategici dell'ufficio boccheggio; dice che in questo periodo dovrebbe piovere molto, ma pare che anche qui la pioggia se la stia tirando un po' troppo quest'anno.
Tramonta alle 18, tutto l'anno.

EL PUEBLO. Ancora troppo presto per raccontare le persone. A giro si respira un'aria di sicurezza, c'è vivacità senza invadenza, gli occhi trasmettono fiducia. Si sente che questo è il paese  più sicuro dell'America Centrale (incrocio le dita), il narcotraffico si concentra ad est e la guerrilla non c'è più ormai da vent'anni! Dopo le 23 non c'è più niente e nessuno a giro ma mi hanno assicurato che essendo una città universitaria la vita notturna nei bar è assai vivace. 
Mi hanno accolto con molto cuore e che mi sento già in un luogo familiare. Già il primo giorno, ancora tutto rimbambito, ho partecipato a un corso di primo soccorso impartito dall'ONG ad una cooperativa di pescatori ed ho avuto subito modo di conoscerli e mangiare pesce con loro sotto una palapa sulla spiaggia (vedi foto sotto). Gli piace scherzare e prendere in giro, quindi mi sento a casa.

 Poneloya 2012. Foto di puer et senex.


UN APPUNTO. Comprare un'amaca.

Questi i meri fatti. Le riflessioni "profonde" e/o socio-politiche le lascio per un altro giorno e altri post.

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