10 dicembre 2013

El Camino del Choro


- Facciamo il cammino Inca da La Paz fino a Coroico?
- Perché no. Ci vorrà un po' d'allenamento?
- Boh

Non avevo idea di cosa fosse. Fino a giovedi' scorso, quando mi sono reso conto che "il cammino Inca del Choro" vuol dire 60 km in 3 giorni, partendo dalla Cumbre (4850 m slm a vicino a La Paz, pietraie glaciali) fino a Chairo (1300 m slm, giungla tropicale).
L'allenamento era consistito in due mesi di alcolismo e orizzontalismo sul divano. Meno male che in questi 10 giorni di La Paz le camminate sono state numerose, almeno i polmoni hanno avuto il modo di atletizzarsi..

Partiamo giovedi' mattina, con calma. L'autobus ci scarica presso un Cristo, nei pressi di un lago glaciale a 4500 m, nell'altipiano. Troviamo il centro turistico, una casetta dal tetto rosso sgargiante con un tipo che era da 3 giorni prima che non vedeva nessun turista. Registrazione.

- Sapete la strada? - fa il tipo, ovviamente in spagnolo.
- tutto dritto, giusto? - ironizzo
- si, poi quando siete in cima girate a destra. - mi avrà preso in giro o cosa?

Vere informazioni da trekkers.

Si comincia a salire, l'ossigeno scarseggia, la pressione è bassa, l'acqua bolle a 88 gradi anziché a 100, quindi la pasta non cuoce mai, e quando lo fa lo fa male. Ma noi ci siamo portati solo biscotti, pane, salame, scatolette di tonno, fagioli e cipolle, quindi della pasta non ce ne frega nulla.


C'è un po' di neve, ma fa caldo.. Dicono che questa sia la parte più difficile, perché bisogna scollinare, ovvero arrivare al Passo a 4850 metri e da lì è tutto in discesa. Sì, arrivaci. Con lo zaino carico di cose, il cuore che sembra una grancassa balcanica, i muscoli delle gambe privi di benzina. Alla fine comunque ci arriviamo. Il silenzio attorno è interrotto solo dal vento. Nient'altro.

Aveva ragione il tipo, in cima c'è un bivio, giriamo a destra e troviamo il punto più alto.

 
Guardo verso nord la lunga valle che ci porterà a Chairo. Comincia la discesa.



Il cammino Inca si chiama così proprio perché l'hanno fatto gli Inca, e sennò perché. Questo sentiero è ben marcato, lastricato, almeno per i primi 30 km, erboso, piacevole, poco frequentato e serpentato lungo il fiume. Si estende a perdita d'occhio. Il primo giorno siamo scesi fino a 2900 m. Tanti ponti traballanti, lamas, cavalli e nuovole. Pochi esseri umani, almeno fino al primo accampamento. Dormiamo praticamente 12 ore.. ma guarda se per riposarsi uno deve venire a fare trekking sulle Ande.

Il secondo e terzo giorno passano tra la vegetazione tropicale, tra lunghe discese e ripide salite, piccoli cimiteri adornati di fiori, altri ponti, altre casette sparse e sempre meno cibo. Finiamo per mangiare qualche boscotto, il tonno e le cipolle avanzati. Dormiamo a San Francisco, un agglomerato di due capanne e un gazebo sotto il quale sistemiamo la tenda, appena prima del diluvio. Il paesaggio è mozzafiato.. la vallata si estende in tutta la sua gloriosa tropicalità da ovest ad est, è tagliata da sottili e altissime cascate. E' verde come la speranza che non piova anche il giorno dopo. Mi sento piccolo, e sto bene così.




Camminare è meditare.

All'inizio puoi pensare anche a mille cose, ma dopo molte ore che cammini in mezzo a tanta armonia ed enormità i pensieri si fanno opachi, sfumano. Rimane il respiro e la sensazione fisica delle cosce, piedi, schiena e ginocchia che col passare del tempo cominciano a far male. Ogni volta che ti fermi e ti guardi attorno gli occhi si riempiono di bellezza, e poi sei costretto ricercarla, la bellezza, nei paesaggi e nelle persone, per soddisfare di nuovo quella necessità di trovare un senso piacevole all'esistenza.
 
Nel frattempo hai scaricato tanti microdisagi, sulla terra. Hai dissipato alcune tristezze e malinconie. Finisci di camminare che ti senti meglio di quando eri partito, e i dolori ai muscoli non bastano a convincerti del contrario. Quelli passano. Le profonde emozioni che hai assaporato lentamente lungo le migliaia di metri percorsi, invece, rimangono, eccome. La sensazione del presente è l'unica cosa reale, senza domani ne' ieri, senza davanti ne' dietro.

Gli Inca lo sapevano. Gli Aymara lo sanno ancora. Tempo e Spazio si traducono allo stesso modo: PACHA.

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