...ese medio de las minas, donde,
abandonado por todas las justicias, el obrero … “rarísima vez
llega a la viejez; pues muere, o por accidente del trabajo, o por
agotamiento gradual producido por el mismo”, y sin conocer grandes
alegrías ni acariciar deleitosos ensueños.
Bolivia. En la
tierras de Potosi. Da Jaime Mendoza a Eduardo Galeano, due scrittori
che, a distanza di quasi un secolo, raccontano il saccheggio delle
risorse dell'America Latina, spinti dall'esigenza di informarci
sull'origine delle cose che ci circondano, umide del sudore di quel
Popolo dell'Abisso - come definisce Jack London el pueblo dei
lavoratori sfruttati - a cui da tanto fastidio pensare.
Oggi finalmente
cominciamo ad interessarci alla provenienza dei pomodori che
compriamo, perché sappiamo che essa è fondamentale dal punto di
vista della salute, trasparenza e, perché no, dell'etica. In egual
misura ci interessiamo della carne, formaggi, ecc..preferiamo
mangiare un buon maialetto sardo nato, vissuto e morto relativamente
libero in una fattoria, invece di un simil-essere vivente prodotto in
serie in fabbrica e imbottito di medicinali. Quello che voglio dire è
che conoscere l'origine delle cose cambia anche il nostro livello di
consapevolezza, rendendoci più sani e un po' meno ignoranti. Allo
stesso modo le batterie, i motori, le lattine di birra sono sì il
prodotto di una trasformazione nelle fabbriche metallurgiche, ma lo
stagno, l'argento, l'alluminio, e tutte le materie prime usate per
costruire il nostro mondo sono il risultato di milioni di scintille
sotterranee, genesi di fuochi inespressi, dei pazienti, artistici e
devoti minatori di Potosì.
Un tempo famosa e
ricca città dell'Alto Perù, fondata dai coloni nel 1546 a 4000
metri d'altezza, alle soglie orientali dell'altipiano andino
boliviano, in mezzo alle più ricche montagne del continente, è ora
una città dolente, che lascia solo intravedere dai fregi delle
facciate il suo antico sfarzo.
Colorata,
decadente, culturale, Potosì mi ha catturato e turbato. Tre giorni
per osservare, assaporare, indagare e, soprattutto, perdermi
nell'oscurità delle sue miniere.
Cerro Rico (la
montagna ricca): un nome che dice già tutto. Circa 50 km di tunnel
opprimenti, angusti e bui, disposti su più livelli. Un gruviera
rosicchiato da circa 300 anni. La mia guida, El Lobo, è stato
minatore per 5 anni, poi grazie agli aiuti della famiglia ha
intrapreso la “carriera” di guida turistica ed eccolo lì, ad
illuminarmi ed indicarmi la strada verso le profondità della terra,
una specie di Virgilio, basso – vantaggio per un minatore -
tarchiato, scuro, con gli occhi ancor più scuri, tristi, un po'
spenti. Ten cuidado, fai attenzione, mi ripete in
continuazione per evitare che io sbatta la testa contro gli spigoli
rocciosi. Meno male ho il casco.
Fa caldo, l'aria è
rarefatta, l'arsenico brucia in gola e nel naso, l'odore dello zolfo
si fa via via più intenso man mano che ci addentriamo, per diverse
centinaia di metri, seguendo il binario, fino ad un primo svincolo.
Primero hay que hacer una ofrenda al tio de la mina, per prima
cosa bisogna fare un'offerta allo “zio” della miniera: il Tio
della mina è la divinità delle miniere, compagno di Pachamama (la
madre terra). E' raffigurato come un minatore con le corna e la coda
da diavolo, è lo spirito delle profondità terrestri che protegge i
minatori. Là sotto non è cosa da Dio celeste, ma da Tio (theus,
Dio), infernale. Con quel caldo e quella miseria solo una divinità
infraterrena può sopravvivere, “ed è meglio che ce lo ingraziamo,
non si sa mai..”. Il Tio è cosparso di foglie di coca e altri
generi alimentari. Attorno tracce di bottiglie e buste di plastica,
segni di festa. I minatori, ogni venerdì, si riuniscono attorno al
Tio, gli infilano una sigaretta in bocca e scolano una bottiglia di alcol puro, terza causa di morte nelle miniere - prima
c'è la silicosi, poi i crolli.
El Lobo mi invita a
sedermi, rilassarmi - non facile, visto lo condizioni avverse e
l'angusto pertugio lungo il quale mi ero dovuto trascinare per
giungere al cospetto di tale divinità – accende la sigaretta al
Tio e comincia a parlare, un po' con le parole ma soprattutto con gli
occhi:
"Il Tio ci protegge, qui non c'è niente, solo solitudine. Le condizioni di lavoro sono le stesse di due secoli fa, non c'è una gran tutela. Almeno adesso la metà delle miniere appartiene alle cooperative dei minatori. Il lavoratore viene pagato a cottimo su quanto e che tipo di minerale estrae, decide quanto e quando lavorare, non c'è sfruttamento. Chi ha fortuna e lavora di più guadagna, sennò fa la fame. La paga è buona, se trovi le vene giuste, fino a 5000 boliviani al mese, cioè 500 euro (3-4 volte più del salario medio). Molti giovani lasciano gli studi o non li intraprendono nemmeno perché attirati dal “fare soldi”, poi però non li sanno amministrare ed in meno che non si dica sono passati 20 anni, il giovane non ha mai pagato le tasse alla cooperativa per avere l'assicurazione medica e quando decide e riesce ad uscire di lì è troppo tardi. Agotado nel fegato, nel cervello, o nei polmoni. 20 anni a identificare il tuo angolino di miniera, trapanare, inserire la dinamite, accendere la miccia, allontanarsi, spaccare il grosso masso che si stacca dalla parete, caricare il tutto nel carrello, portare fuori tutto, scaricare. Nelle pause, ti togli in casco, la maglietta, mastichi coca, meccanicamente, guardi davanti a te, in un punto infinito al di là della speranza, aspetti che qualche turista di turno ti regali una bottiglia di refresco, d'alcol, un altro sacchetto di coca."
Fuori i blocchi di
roccia vengono sminuzzati, macinati, fluidificati, versati in delle
vasche dove dei composti chimici permettono ai metalli pesanti di
depositarsi nel fondo mentre tutto il resto galleggia. Poi il
metallo viene separato, seccato ed infine esportato in quei paesi
che fanno la rivoluzione industriale e trasformano quell'oro grigio
in capitale. Diabolicamente semplice. Da Tio.
Gli chiedo mille
cose, lui ne risponde altrettante; solo la debole luce di uno dei
caschi pemette di mettere a fuoco gli sguardi:
“Sì, le
cooperative sono meglio delle imprese private gringas, o
canadesi, ma sono comunque pedine, peones. Le miniere sono
poteri forti, anche le cooperative dietro hanno privati che vogliono
il massimo profitto con il minimo investimento, soprattutto se si
tratta di organizzare corsi di perfezionamento sull'uso della
dinamite, o sulle misure di sicurezza.. Nada. È tutto come
200 anni fa...
Sì, la pensione è
a 54 anni, pero quien llega? L'aspettativa di vita è di 40
anni.
Sì, devi
distenderti sennò da questo pertugio non ci passiamo.
Claro,
la maggior parte dell'argento dei gioielli viene da qua.
No, non mi perdo
mai. Conosco a memoria tutto qua sotto. Sono le mie tasche.
Sì, las
cholitas entrano a dare un po' di sollievo e divertimento a
estos muchachos."
Parliamo e
camminiamo, sempre verso il punto più buio. Solo le luci delle
nostre torce. Cerco di conversare con lui come un amico, o compagno,
ma come oso sentirmi parte di tutto quello? In effetti sono l'ultimo
anello della catena, l'utente finale, il cieco consumatore.
La verità è che
vorrei non essere l'ennesimo turista che va li sotto per 2 ore e poi
racconta chissà cosa, chissà quali sofferenze. Per me sono stati
duri quei 120 minuti, e mi sento un debole a non riuscire nemmeno a
pensare a cosa produrrebbero in me 20 anni della mia vita là sotto.
La verità è che
per quanto io cerchi di fare domande “intelligenti”, sarò sempre
Un turista, un soldo che passa e viene lasciato, un beneficiario di
quel lavoro, un afortunado.
La verità è che
non so se è più grande in me la perplessità da visitatore in uno
zoo o la necessità di testimoniare quella realtà, anche se per
poco, sfiorata.
La verità è che
qualunque siano le ragioni dietro al mio indagare, quando sono
arrivato all'uscita, con le parole di De Andrè Per quanto voi vi
crediate assolti, siete per sempre coinvolti che mi
riecheggiavano in testa, ho tirato un sospiro di sollievo. E quindi
uscimmo a riveder le stelle.
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