10 settembre 2008

RIFLESSIONI SU CUBA


In linea di massima ho notato una equa distribuzione tra chi è pro e contro Fidel (leggi l'articolo "La Voz De Los Cubanos"). Alcuni lo amano perché vedono in lui la persona che ha fatto dei cubani persone istruite, sane e ottimiste, che non devono lottare per i diritti fondamentali che tutti gli esseri umani dovrebbero avere, come istruzione e sanità. I bambini, avendo per legge questi diritti, non vanno a chiedere l’elemosina in strada e possono dedicarsi allo studio, cosa che, in futuro, quando l’asfissiante isolazionismo del regime troverà il suo sperato equilibrio, proietterà Cuba in uno dei paesi più privilegiati del Caribe, se non addirittura di tutta l’America Latina.

Di questo i cubani ne sono ben consapevoli e questa è una presa di coscienza molto importante, impossibile da ritrovare nella maggior parte degli altri paesi in via di sviluppo. Addirittura Betty, una studentessa di teatro e maestra elementare, di Viñales, s’indigna quando le dico che in Messico i bambini ti accerchiano per avere 1 peso: “e dov’è il progresso, in questo?”dice. Anche chi è profondamente anticastrista, come Javier, cinquantenne dell’Habana, che addirittura afferma che durante la dittatura di Batista i lavoratori stavano meglio (suo padre era un latifondista per cui mi sembra ovvio che non sappia rispondere alla domanda “allora perché tutta la popolazione appoggiò Castro nel 1959?”), riconosce che i cubani non vogliono andare via da Cuba per disperazione, ma per poter “imitare” il turista (forse non proprio lo specchio più etico del “Primo Mondo) e per poter conoscere altri paesi.
Un chiapaneco o un indigeno andino che sa parlare solo il quechua, non ha neanche il tempo di pensare di andarsene dal suo sperduto paese; non è andato a scuola, probabilmente gli stessi genitori non hanno voluto mandarlo: il loro dovere è lavorare nel campo dall’età di 6 anni e andare in città (il luogo più lontano che riesce a immaginare) a chiedere qualche soldo. Il privilegio anche solo di desiderare una vita diversa ce l’hanno in pochi. Figurarsi poi la libertà!
Risultato: in Chiapas il tasso di analfabetismo è del 30%, in Perù è del 13%, Venezuela è al 7% mentre Cuba è sotto il 3%, per non parlare dei tassi di mortalità infantile, violenza, disoccupazione ecc, tutti nettamente a favore dell’isola caraibica (il tasso di mortalità infantile cubano è inferiore a quello statunitense...).
 
E’ ovvio che l'anticastrista Javier non vuole che Cuba sia paragonata ai paesi che stanno peggio, forse perché se mettesse sulla bilancia i pro ed i contro di Cuba rispetto agli altri paesi simili storicamente, geograficamente e socialmente, si renderebbe conto che i problemi da affrontare nel suo paese sono principalmente tre (difficoltà di varcare le frontiere, libertà individuale e di stampa) mentre negli altri la lista è molto più lunga e pesante. Javier, a quel punto, dovrebbe ammettere che il socialismo castrista ha ottenuto più vittorie che sconfitte, ma è ovvio che solo noi possiamo arrivare a questa conclusione, dato che con il nostro punto di vista esterno e con la possibilità che abbiamo di viaggiare in altri paesi e di fare paragoni, siamo in grado, se abbastanza informati, di conservare una mentalità critica non necessariamente distruttiva nei confronti di Cuba.
Invece di condannare un regime che effettivamente negli ultimi anni è eccessivamente imploso su se stesso, dovremmo essere coscienti di una cosa: quando il castrismo sarà finito, conservando però tutto ciò che ha ottenuto e riparando agli errori che ha commesso, Cuba sarà la miglior candidata a compiere un balzo che la porterà rapidamente al primo posto dell’America Latina, sotto tutti i punti di vista, sperando che le nuove generazioni di cubani siano coscienti di questo e che non si facciano dominare dal rancore nei confronti degli ultimi duri sprazzi di castrismo che hanno vissuto. Sperando che non accolgano a braccia aperte Miami e che, partendo dalle basi forti e consolidate che il socialismo ha cementato in ogni suo revolucionario, sappiano riparare agli errori da soli, senza subdoli aiuti e giochi del territorio da parte degli USA. Nessun Eisenhower, nessun Nixon e nessun Bush sono riusciti a schiavizzare Cuba, per quanto abbiano tentato, sottraendole risorse, bloccandole aiuti e facendo piovere cavallette dagli aerei per distruggere le piantagioni di canne da zucchero, unica vera fonte di sostentamento dell’isola.
Nonostante tutto, Cuba è riuscita ad andare avanti, nonostante gli “anni speciali” (1989-1995), quando, senza più alleati, si ritrovò isolata e abbandonata anche dalla stessa Europa, così “democratica e intellettuale”. Si risollevò, stringendo i denti, e tutto senza fare del male a nessun altro paese.
Come possiamo continuare a condannarla? Forse perché nonostante la nostra bella educazione politically correct, ci ostiniamo a paragonare Castro a Stalin o Mao?? Mi auguro che questo paese sappia conservare il suo spirito di autodeterminazione e di “non allineamento”, perché se davvero il famelico capitalismo, aiutato dai cubani indignati di Miami, non otterrà carta bianca per fare di Cuba una nuova Haiti, l’isola potrà essere in assoluto un Paradiso, non per Casinò e Resorts, quanto per gli stessi abitanti, che, diciamocelo, se lo meritano davvero.

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