04 dicembre 2010

Risveglio a Junagadh

6 del mattino, Junagadh si sveglia.
Prima ancora che il muezzin decreti che non e' piu' il momento di dormire ma quello di svegliarsi e pregare, con quella intensa e meravigliosa litania che conduce, tramite le parole Allah Akhbar, la fase REM della citta' verso lo stato cosciente, sono i clacson dei tuc tuc a farsi sentire per primi, per le strade polverose, dove per terra si fanno fatica a riconoscere centinaia di bambini, donne ed anziani completamente "larvizzati" sotto grigie coperte, accanto ad atrettante centinaia di cani randagi, rognosi e zoppi.
Come sempre, in India, i sensi vanno di pari passo, quasi si equilibrano; ecco che arriva la brezza mattutina carica di odori speziati delle prime botteghe, seguita da zaffate di carogna.
Il cielo e' chiaro, ma ancora il sole non si vede. I lavoratori sono gia' in piedi, pronti a cominciare la routine quotidiana. I mendicanti sonnecchiano ancora un po': aspettano che le strade si riempiano di compassionevoli cittadini. Non bisogna aspettare molto, i minuti che seguono l'alba sembrano un film accelerato, non sai come e ti ritrovi in mezzo al caos. Ti chiedi Da dove esce tutta questa gente? E il sole, quando e' spuntato? Sembra una di quelle magie in cui il fachiro prende un seme, lo pianta e in pochi minuti da' vita ad un alberello: cosi' questo sole sembra aver fretta di uscire per tormentare o rassicurare, dopo essere fuggito per ore dalla notte.
Se curiosamente si va a vedere come si dice alba in hindi, ovvero "uscia", si potrebbe facilmente immaginare l'orizzonte come una soglia eternamente varcata dagli astri, dei quali il sole rappresenta il piu' temuto o gradito ospite.

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